venerdì, maggio 11, 2018

DEMONIOS TUS OJOS


Demonios tus Ojos
di Pedro Aguilera
con Tomás Baleztena, Ivana Baquero
Spagna, Colombia
genere, drammatico, 2017
durata, 94'




Per gli appassionati italiani il cinema di Pedro Aguilera non è una scoperta assoluta. Benché inediti nelle nostre sale, i film del regista iberico sono stati visti in festival come quello di Pesaro, dove è stato presentato l’intero corpus filmico del regista (tre titoli al suo attivo), e poi a Torino, in cui è stato presentato in anteprima italiana "Demonios tus Ojos", ora incluso nella selezione dei lungometraggi selezionati dal Festival del Cinema Spagnolo 2018. Interpretato nella parte di Aurora, la sorella di Oliver, da un irriconoscibile e sensuale Ivana Baquero, conosciuta per essere stata la bambina insidiata dal fauno nel capolavoro di  Guillermo del Toro (Il labirinto del fauno), "Demonios tus Ojos" si offre allo spettatore stimolandolo sia sul piano estetico che dei contenuti, grazie a un’articolazione in cui il visibile diventa parte integrante del tessuto narrativo, nel momento in cui ad alimentare l’ossessione dell’uomo per la  ragazza altro non è che la visione di lei, furtivamente spiata attraverso una telecamera posizionata all’interno della sua camera da letto.


Considerato che l’antefatto in questione non è solo l’espediente utilizzato da Aguilera per testimoniare il voyeurismo del protagonista e, come avremo modo di scoprire, anche della sua vittima, ma costituisce il catalizzatore di un discorso più ampio che coinvolge la natura ontologica dell’immagini e, in particolare, il rapporto – spesso invasivo – che esse hanno sull’esistenza di chi ne fa uso (Olivier che di mestiere fa il regista non smette di ricorrervi anche nella sua vita privata), diventa impossibile rivolgersi al film prescindendo da questi due aspetti: quello teorico, che appunto riflette sulla possibilità dello sguardo di lasciarsi contaminare da ciò che guarda, e l’altro, quello relativo alla narrazione dei fatti e alla forma della messa in scena. Elementi, questi, che trovano perfetta corrispondenza nella decisione di filmare in digitale (adatto alla fruizione non mediata e spontanea che i personaggi hanno del “prodotto audiovisivo”) e con un formato ridotto (1.33:1) che, evidenziando la presenza del dispositivo, mette lo spettatore nella medesima condizione del protagonista, e cioè di essere cosciente di osservare le vite degli altri, e in questo caso di Aurora e della stesso Olivier.

Formatosi sui set di autori come Amat Escalante e Carlos Reygadas, il regista sembra averne ereditato soprattutto la radicalità con cui porta avanti l’idea di un cinema in cui le pulsioni della carne si mescolano con quelle della mente, per raccontare la perdita dell’innocenza dei suoi personaggi. Un film del genere meriterebbe di trovare regolare distribuzione anche da noi.
Carlo Cerofolini
pubblicata su Taxidrivers.it

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