lunedì, giugno 12, 2017

SOGNARE E' VIVERE

Sognare è vivere
di Natalie Portman
con Natalie Portman, Gilad Kahana, Amir Tessler
USA, 2015 
genere, biografico
durata, 95' 



Il vecchio Amos ricorda se stesso bambino a Gerusalemme, la fine del mandato britannico in Palestina, l'istituzione dello Stato d'Israele, la guerra d'indipendenza, e soprattutto la madre, morta di depressione prima dei quarant'anni e responsabile, a suo modo, del futuro del figlio, divenuto scrittore. Fania, questo il nome, veniva dall'Europa dell'Est, da un'infanzia agiata e illuminata, ed era sopravvissuta allo sterminio del suo paese ma non alla fine di quella stagione di illusioni, non al confronto con la realtà della vita adulta e gli abissi dell'orrore. Per il suo debutto alla regia del lungometraggio, Natalie Portman sceglie il titolo più venduto nella storia letteraria di Israele. È un'operazione ambiziosa, non foss'altro per la combinazione di storia personale e storia nazionale, che nel caso specifico si ingigantisce con l'argomento creativo e quello politico. La Portman regista mostra un buon controllo e qualche intuizione visiva, ma in definitiva non esce dall'immaginario tipico sull'argomento. Le note che cattura al meglio sono quelle basse, oscure, che porta sulle proprie spalle come attrice, nei panni della madre dello scrittore Amos Oz. Non appena, però, la materia della narrazione si allarga a tutto schermo, il film si blocca, a causa di cliché della fotografia desaturata e per la trappola del dramma a senso unico. La complessità della narrazione autobiografica di Oz ritorna frammentata nella formula reiterata del raccontino, che non gli rende giustizia. Quel che è più grave, però, è che il film non contenga traccia dell'ironia che celebra a parole. Complice un lavoro di adattamento che ha coinciso con una drastica riduzione, la Portman non ha trovato, e forse nemmeno cercato, lo sguardo del narratore e si è calata nello spazio più stretto e a lei più consono del rapporto tra madre e figlio, ottenendo in quella sede i risultati migliori del film. Ha visto, giustamente, in Fania un personaggio che avrebbe potuto indossare come una doppia pelle, forte e vulnerabile, qualcuno che, non potendo amare lo spettacolo della propria vita quotidiana, ha preferito crearsene uno ideale e mentale e sacrificarsi ad esso. La Portman personaggio divora, in questo modo, la Portman regista.
Riccardo Supino

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