martedì, aprile 04, 2017

JOHN WICK - CAPITOLO 2

John Wick/capitolo II
di C.Stahelski.
con Keanu Reeves, Ian McShane, Riccardo Scamarcio, Lawrence Fishburne, Ruby Rose.
USA 2017 
durata, 123'



"Avevo un barlume di speranza di non rimanere solo e tu me l'hai portato via". Tale desolata constatazione circoscrive e caratterizza in maniera semplice ma esaustiva tanto l'orizzonte psicologico quanto l'ambito immaginativo da cui scaturisce e a cui corrisponde un personaggio come quello del sicario triste John Wick.

Intrigante e/perché derivativo, ovvio ma centrato, Wick - a cui ancora Reeves offre la tipica espressività sfuggente e l'aitanza stanca - riesce cioè a farsi largo con una sua compassata veemenza tra i ranghi dei vendicatori-proprio-malgrado del grande schermo. E ciò soprattutto in virtù di una sbozzatura tanto essenziale quanto efficace. All'interno di una cornice narrativa ritmata sulla replica dello schema elementare azione/reazione (innescato all'esordio da una tragedia personale elaborata come viatico per un'ipotetica apertura verso un nuovo modo di vivere), infatti, il baricentro della vicenda - e più in particolare, il suo valore metaforico - insiste sulla figura di un uomo già di per sé orientata alla stilizzazione, quindi implicitamente in grado di fare leva sul versante evocativo giocando sulla singolare alchimia di pochi attributi. Wick/Reeves è in primis e per lo più un tipo solitario (giocoforza), laconico, metodico, dai gesti misurati e precisi, abituato ad esprimersi più per il tramite delle conseguenze originate da un micidiale addestramento di morte che per le brevi e sommesse frasi estortegli dagli spesso malcapitati interlocutori.

Riflesso deforme e cupo di un mondo da par suo feroce e plumbeo, Wick si muove nel rettilario infido delle storture contemporanee a rimorchio di un'inguaribile mestizia e alla stregua di un Batman senza ali di pipistrello e potenza tecnologico-industriale di copertura, giustiziere di un dolore insanabile a cui quelli più spiccioli e accessori (il furto dell'amata Ford Mustang 429 e la vile uccisione di un cucciolo) fungono da composto d'innesco per ginniche carneficine e parossistiche sparatorie a cavallo tra la progressività obbligata del videogame, le inquiete geometrie chiaroscurate del fumetto e la prepotente carica fisica codificata da certo cinema orientale. Tutto come se il Neo di Matrix (rivelatrice la presenza di Fishburne in questo secondo episodio, compendiata da un "Ci siamo visti molti anni fa, quando ero solo un pedina del gioco", che avrebbe potuto essere pronunciata dall'antico sodale Morpheus e che la dice lunga sulla continuità di rimandi e suggestioni a cui un personaggio come Wick si presta) fosse invecchiato macerandosi nella consapevolezza di aver fallito la propria missione di redenzione e al suo posto - benché riluttante - avesse concesso alla parte di sé meno incline alla comprensione di emergere e prendere il sopravvento incarnandosi nei lineamenti invulnerabili dell'Angelo Vendicatore (Wick veste quasi solo di nero e viene indicato, da conoscenti e/o probabili vittime, come l'Uomo Nero - Boogeyman - o il Fantasma, lo Spettro), anello di congiunzione e parziale compensazione ad una realtà muta e indifferente, sfondo impersonale oramai rassegnato a portare avanti i propri traffici come sommatoria indefinita d'atone nefandezze, nei confronti della quale il nostro infierisce stranito secondo le accensioni d'un'eleganza appesantita e schiva, afflitta e inattuale, marziale e sempre un po' fuori sesto, rallentata, rispetto all'accelerazione omicida dei tempi, capace, quest'ultima, di frullare qualunque cosa nella medesima frenesia dissipatoria. 


Una generale, imperturbabile compostezza, in definitiva, che lo apparenta (sebbene alla lontana eppure nella stessa scia) in ragione di un qual sfinito autocontrollo, d'un combattuto rispetto della lealtà, d'un insopprimibile volontà di non arrendersi alla piega miserabile di certe evidenze, alle solitudini nichiliste di Peckinpah, di Melville, di Eastwood, imprinting caratteriale orfano - ed è un portato consueto per  l'antieroe tardo-moderno -  persino d'un codice personale che non abbia come riferimento primo quello della mera sopravvivenza.

In tal senso è leggibile - coerente, come pure, dal punto rivista produttivo, opportunista - la sentenza pronunciata da Wick in favore di mdp, un attimo prima che, sanguinante e al passo con l'unico amico possibile - un altro quattro zampe - affronti le incognite della fuga: "Chiunque arriverà, io lo ucciderò. Ammazzerò tutti". Ma questa è un'altra storia. La prossima.
TFK

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