sabato, novembre 19, 2016

AGNUS DEI

Agnus Dei
di Anne Fontaine
con Lou de Laâge, Agata Buzek, Agata Kulesza 
Francia-Polonia, 2016 
genere: drammatico
durata: 116' 


Nel 1945, Mathilde Beaulieu è una giovane dottoressa francese della Croce Rossa che vive in Polonia. Quando una suora cerca il suo aiuto, Mathilde la segue nel convento di benedettine, dove scopre che molte di loro, violentate dai soldati russi nel corso di un'irruzione, sono rimaste incinte e sono sul punto di partorire. Tenuta al segreto professionale, cui si aggiunge quello imposto dalla madre superiora e dalla situazione, Mathilde fa visita alle monache di notte, esponendosi a molti rischi. Gradualmente, riesce a superare la loro diffidenza, raggiungendo con una di loro, Suor Maria, un'intesa profonda. Anne Fontaine, che da sempre racconta storie di donne, questa volta supera la dimensione individuale per approcciare quella collettiva, non solo perché s'immerge nella vita di comunità del monastero, con la sua drammaturgia di differenti caratteri con tante motivazioni, paure e gerarchie, ma perché, sollevando il velo su una prassi di guerra tanto atroce quanto comune, parla di ciò che non può essere ignorato da nessuno, nemmeno nel nome del pudore. Lo stile di regia sembra tener presente un'ampia destinazione del messaggio: la storia intensa non si traduce mai in immagini forti, la vita della protagonista fuori dalle mura del convento è romanzata a fini narrativi e il film si chiude in maniera forse fin troppo ottimista.


La motivazione è chiara: il film è anche e soprattutto un racconto di resistenza e di superamento del male. Ispirato al diario del medico francese di stanza in Polonia Madeleine Pauliac, "Agnus Dei" trasforma la scrittura scarna e cronachistica degli appunti privati in un racconto vivo e pulsante, che trae una sorta di universalità e anche di contemporaneità dal fatto di essere ambientato in un mondo, quello del convento, in cui il tempo ha un altro passo, più lento, quasi immobile. È dunque la Polonia del 1945, ma potrebbe essere la Bosnia del 1993 o l'Africa di oggi. Divise tra l'essere donne per natura e spose di Cristo per scelta, grazie alla mediazione della discreta Mathilde, le suore trovano, col tempo, nella maternità, un'identità e una vocazione che può placare il dissidio. Parallelamente, nella collaborazione tra la religiosa Maria e l'atea Mathilde che porta alla soluzione finale, si compie una delle linee più riuscite del film, oltrepassando lo scandalo e la denuncia e parlando di relazione.
Riccardo Supino

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