mercoledì, marzo 16, 2016

RISORTO

Risorto
di Kevin Reynolds
con Joseph Finnes, Tom Felton, Cliff Curtis
Usa, 2016
genere, biblico, drammatico, avventura
durata, 107'


Della figura di Gesù di Nazareth e nella fattispecie degli episodi legati alla sua morte e resurrezione è già capitato che il cinema se ne sia occupato partendo da un punto vista laico e materialistico. Nel caso di “Risen” di cui qui vogliamo parlare la vicenda del tribuno romano chiamato a indagare sulla sparizione del corpo del risorto trova una corrispondenza ancora più forte con quanto già fatto in passato negli sviluppi di una trama per molti versi simile a quella de “L’inchiesta”, il lungometraggio del 1986 firmato dal nostro Damiano Damiani. Non deve sorprendere allora che in sede di presentazione la curiosità degli appassionati si concentri non tanto sull’evoluzione dell’intreccio quanto sul nome del suo regista e quindi di Kevin Reynolds, sodale di Kevin Costner nel mitico “Fandango” e nello sciagurato “Waterworld” –  diventato leggendario per le difficoltà produttive e meteorologiche che ne hanno complicato le riprese – e autore di quel “Belva di guerra” che era stato capace di narrare il conflitto tra russi e afghani sulla scia di un carro armato sovietico rimasto isolato in territorio nemico. Tornato attivo dopo lunga pausa Reynolds conferma le qualità di storyteller facendo di “Risen” una rilettura più  o meno fedele degli episodi del vangelo collegati agli eventi del film, ampliati dalla componente apocrifa rappresentata appunto dall’invenzione del personaggio di Clavio, il militare romano interpretato da Joseph Fiennes, che nell’economia del racconto giustifica la presenza della componente thriller legata appunto alle azioni scaturite dal tentativo dell’uomo di trovare le prove della presunta impostura.

Forte di un’iconografia oramai consolidata e però variata nella scelta di un Cristo lontano dall’immagine wasp tipicamente utilizzata e qui sostituita dalle peculiarità fisiognomiche dell’attore di origine maori Cliff Curtis, il compito di Reynolds era quello di conciliare gli eventi della storia ufficiale con il privato dei personaggi chiamati a compierla, e quindi di rendere verosimile il passaggio che trasforma la missione di Clavio in un viaggio esistenziale tormentato e complesso che ad un certo punto metterà il militare di fronte a una scelta senza ritorno. Al raggiungimento di un obiettivo non scontato Reynolds aggiunge la coerenza dello sguardo che, nella messa in scena sobria e parsimoniosa  degli aspetti miracolistici rispecchia non solo  il carattere pragmatico e lo scetticismo del protagonista ma consente al film di essere coinvolgente senza scadere nell’enfasi declamatoria.

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