lunedì, agosto 25, 2014

LIBERACI DAL MALE

Liberaci dal male
di Scott Derrickson
con Eric Bana, Edgar Ramirez, Olivia Munn
genere, thriller, horror
Usa, 2014
durata, 118' 


Doveva essere una via di mezzo tra "Il braccio violento della legge" e "L'esorcista". Figlio di un progetto ambizioso ancorchè a basso budget, "Deliver Us From Evil" rimanda fin da subito ad atmosfere sinistre e poco illumminate, con figure umane ritratte in movenze animalesce, e habitat che a malapena riescono a mantenere una parvenza di civiltà. 

Quello che colpisce in un film che parte come un thriller e poi diventa un horror, è il supposto ideologico che fa della marginalità e della mancanza di mezzi di susssistenza le caratteristiche di cui il Male si serve per incarnarsi e prendere forma. Sono tutti reitetti, o quasi, gli indemoniati in cui si imbattono Ralph Sarchie (Eric Bana) e il prete sui generis Joe Mendoza (Edgard Ramirez), compagni di sventura catapultati in un caso di possessione demoniaca che rischia di diventare epidemico. Non se la passano meglio i due protagonisti, se è vero che l'uomo di Dio a un certo punto confessa allo sbirro - problematico e violento - di non essere uno stinco di Santo, avendo condiviso il letto e lo sballo con una delle vittime di quella strana faccenda. 



Un pessimismo cosmico a cui, però, come vuole tradizione e anche Hollywood, il regista lascia qualche barlume di speranza nello sciogliersi della diffidenza che inizialmente separa il sergente Sarchie dal suo futuro compagno. Un sodalizio, quello tra Sarchie e Mendoza che avrebbe dovuto essere, e invece non lo è, il fiore all'occhiello di un film dove i ruoli e le interpretazioni sono fondamentali. 


 
Girato in spazi angusti e spesso privi di luce, "Liberaci dal male" viene meno proprio nella costruzione dei personaggi, tratteggiati in modo troppo leggero, con i clichè tipici del genere - qui legati al maledettismo di entrambi i personaggi-  che occupano lo spazio dell'approfondimento psicologico e delle sfumature dei caratteri. Derrickson conferma la sua capacità di restare in bilico tra verità e fantasia con uno stile che mischia realismo documentaristico (gli slum newyorkesi ritratti in un tutta la loro crudezza) e finzione da cinema blockbuster. E ancora, nella sostanziale mancanza di effetti speciali, la bravura di lavorare sugli ambienti e sul fuori campo, per ricavarne la necessaria dose di inquietudine. Questa volta però il risultato è lontano da eccellenze come "L'esorcismo di Emily Rose" e "Sinister".

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