venerdì, marzo 21, 2014

NON BUTTIAMOCI GIU

 Non buttiamoci giù
di Pascal Chaumeil
con Pierre brosnan, Toni colette, Aaron Paul, Imogen Potts
Gran Bretagna, 2013
genere, commedia
durata, 96'

Foriero di equivoci e fraintendimenti, il rapporto tra cinema e letteratura è stato spesso complicato dalle titubanze del mezzo cinematografico, incapace di rendersi autonomo dalle regole della pagina scritta, e gravato dalla sudditanza di registi filologi, subordinati alla presunta superiorità della fonte letteraria. Questo per dire che il compito di Pascal Chaumeil non era facile, soprattutto perché si trattava di confrontarsi con la sfaccettata leggerezza di Nick Hornby, romanziere dalla scrittura facile ma dai contenuti sostanziosi. “Non buttiamoci giù” non faceva eccezione, mettendo in scena il mancato suicidio di quattro personaggi infelici e depressi, costretti a rimandare la propria dipartita per il fatto di ritrovarsi contemporaneamente all’ultimo piano del palazzo dal quale avevano deciso di saltare giù. Un incipit tanto drammatico quanto paradossale per la reazione che ne scaturisce, con giornali e televisione ansiosi di trasformare la coincidenza in un fenomeno mediatico, a cui contribuisce non poco la scelta dei protagonisti di fissare un nuovo appuntamento per verificare eventuali miglioramenti delle rispettive condizioni.

Se i motivi d’identificazione con una vicenda così particolare si riassumono nella coincidenza tra lo spirito del tempo e lo stato d’animo dei personaggi, egualmente negativi seppur per differente motivo, ed in una struttura narrativa che nell’incontro scontro tra quattro sconosciuti che finiscono per diventare amici, fa il verso all'interazione casuale e compulsiva mutuata dai social network, "Non buttiamoci giù" conferma la sua voglia di arrivare al grande pubblico costruendosi una trasversalità prima di tutto anagrafica, e poi caratteriale, espressa attraverso l'eterogeneità dei protagonisti: così risultano infatti l’uomo maturo e di successo tradito per eccesso d’autostima ed il giovane di talento frenato dalla troppa sensibilità, la ragazzina di buona famiglia aggressiva fuori e debole dentro, ed infine una madre tagliata fuori dal mondo da una disgrazia famigliare.

Alle prese con una materia scoppiettante e variegata, in cui riso e pianto confluiscono all’interno di un impianto da commedia, Chaumeil e soci compiono la scelta peggiore possibile, decidendo di trasformare la vivacità narrativa del romanzo, scandito da continui salti temporali corrispondenti al flusso di coscienza dei vari personaggi, in un racconto ad episodi incrociati, in cui i personaggi si dividono equamente il minutaggio, raccontandosi con overdose di voce narrante. In questo modo l’ironia e l’irriverenza tipiche dello scrittore inglese, come pure la sua capacità di lavorare sui dettagli vengono normalizzate, ed in qualche modo imbrigliate, dal conformismo di un contenitore che privilegia la riconoscibilità del prodotto all'originalita' dei contenuti; penalizzati, ad onor del vero, da una regia neutra e decorativa, che di limita a mettere in fila i vari momenti del film, senza far mai corrispondere le varianti emotive ad uno scarto del linguaggio filmico. Delusione ed indifferenza regnano sovrane.

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