venerdì, ottobre 18, 2013

Killing Your Darlings

Killing Your Darlings
di John Krokidas
Usa, 2013
genere, drammatico
durata, 143'
E' passato più di un decennio dall'uscita di "L'ultima  volta che mi sono sucidato" di Stephen Kay, eppure se rapportiamo il numero di giorni trascorsi da quel momento al grado di consapevolezza del cinema americano rispetto ad uno dei suoi movimenti artistici e letterari più importanti sembra quasi impossibile poterlo affermare. Il film di Kay raccontando seppur lateralmente la beat generation attraverso il dialogo confessione tra Neal Cassidy e Jack Kerouac provava a dire la sua a proposito dei cosiddetti "artisti maledetti". Alla complessità della trasposizione dovuta alle caratteristiche di una vita artistica e personale troppo scandalosa per un paese puritano come l'America si sommava la difficoltà di finanziare riduzioni cinematografiche di dubbia commercialità. Basti pensare al lungometraggio tratto da "The Naked Lunch"  del mitico William Burroughs, più volte sul punto di essere filmato (Mick Jagger tento invano di portarlo sullo schermo) ed infine realizzato dopo lungo travaglio da David Cronemberg in quella che resta ad oggi la testimonianza più valida sul significato di quel periodo, unico film capace di andare oltre l'etichetta della diversità per scandagliare i territori sensoriali di quella ribellione.
Ma chi erano in realtà questi scrittori così temuti dall'establishment americano, e quali erano i motivi della rottura culturale di cui si fecero portatori. "Killing Your Darlings" di John Krokidas cerca di rispondere alla domanda nel modo più ovvio, e cioè tornando alle origini del loro incontro in quella Columbia University che fu in qualche modo artefice di una presa di coscienza che si tradusse nell'affermazione di uno stile di vita ed una concezione artistica che trasgrediva le regole ed il sentire comune. Collocato nella New York dei primi anni 40, proprio a ridosso degli ultimi scampoli del secondo conflitto mondiale, il film ha come protagonista principale il giovane Allen Ginsberg in fuga dalla famiglia ed ansioso di affermare se stesso ed il proprio talento artistico. L'occasione gli viene offerta da Lucien Carr e dal sodalizio di cui è a capo: Jack Kerouak, William Burroughs ma anche  David Kammerer amante di Lucien, e con loro varie altre figure che in un modo o nell'altro consentono  alla storia di mettere in moto la dialettica e le istanze di cui il gruppo si fece promotore. Una rivoluzione che si decise sul piano della scrittura innanzitutto, rimodellata nella sua struttura interna e poi nella funzione della parola, svincolata dalle logiche grammaticali e sintattiche più convenzionali, e reinventata secondo una libertà di assonanze e d'ispirazione mai viste prima di allora. Soffocati da un sistema restrittivo e conformista Ginsberg e compagni se ne sottraggono prima di tutto con la forma della loro opera artistica. Il film ne dà qualche accenno, ed alla stessa maniera (edulcorata) da conto della tensione sessuale che si sviluppa tra i vari personaggi, poi confluita nel drammatico episodio che scompagina le file di quel consesso.
Se è vero che per gli scrittori della beat generation arte e vita furono inscindibili e che quest'ultima si colorava delle lacerazioni della prima, "Killing Your Darlings" esagera con questa certezza evitando di affondare il dito nella piaga e facendo del film una cronaca d'avventure giovanili di ambientazione studentesca, in cui tra un mood da "Attimo Fuggente"(Lucien Carr che accoglie Ginsberg declamando versi sopra il tavolo della bibblioteca tra l'imbarazzo dei presenti) ed una dialettica da teen movie, con i personaggi che mettono in scena una palestra della vita che verrà, sembra quasi di trovarsi in un episodio di un serial per ragazzi.

Derubati della loro carica eversiva e psicologicamente alla stregua di un esistenzialismo di stampo televisivo, Ginsberg, Burroughs e Kerouac si vestono di un'ordinarietà che non gli è mai appartenuta. Krokidas fa il resto con un immaginario visivo patinato ed artificiale, in cui l'imitazione prevale sul verosimile. Naturalmente irriducibile la beat generation è consegnata ad un prodotto confezionato per un pubblico generalista. Una contraddizione in termini che pesa sul film e sui suoi risultati. Daniel Radcliffe nella parte di Ginsberg sembra ancora non riuscire a liberarsi dalla dolcezza adolescenziale di Harry Potter, diventando in questo caso la misura dell'inadeguatezza dell'intera operazione.

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