martedì, agosto 09, 2011

Capitan America: il primo vendicatore


Capitan America il fumetto ha dovuto sempre combattere la retorica insita nell’essenza stessa del suo essere eroe. Creato dal governo americano per combattere il nemico hitleriano il supersoldato della Marvel, anche da punto di vista estetico, si deve confrontare con i cascami di un concetto, “l’americanità”, che soprattutto in tempi di guerra, del secolo scorso e di quella attuale, rischia di richiamare i peggiori istinti patriottici e conseguentemente i soliti stereotipi propagandistici. In più c’è un personaggio che così com’è stato concepito poteva risultare monolitico nella suo continuo pendolare tra political correct e fiducia nelle umane sorti. Sempre presente a se stesso ed immune da scivoloni psicologici, il ragazzo costituiva il prototipo del buon comandante, quello capace di risolvere il problema e di sacrificarsi per i suoi ragazzi. Insomma esattamente il contrario dell’eroe del nuovo millennio, quello che dopo Watchmen ha scoperto i suoi lati più oscuri e schizofrenici. Sul piano filmico la paura era quella non solo di un film scontato, quasi un ovvietà per una casa di produzione decisa a confermare in maniera pedissequa le caratteristiche della matrice cartacea, ma anche noioso per il controllo temperamentale del suo personaggio. Ed invece questo nuovo capitolo supereroistico, pur non essendo nulla di trascendentale dal punto di vista della trama, che paga ovviamente il dovere di dover presentare il personaggio e le sue origini, ci regala una trasposizione capace di ricreare un epoca guardandola attraverso una lente di ingrandimento ludica ed avventurosa. Così dopo averci fatto conoscere Steve Rogers mingherlino ed averlo trasformato in una macchina da guerra, Joe Johnston ci porta in prima linea, trasformando il film in un puzzle che si richiama ai migliori film del genere e non, Dove osano le aquile tanto per fare un nome ma anche Mission Impossible per la similitudine tra le capacità acrobatiche del capitano e quelle di Ethan Hunt, dando vita ad uno scenario dove l’azione non eccede mai il fattore umano e dà modo ai personaggi di esprimere un minimo di psicologia che li renda tali. C’è anche il tempo per una tenzone amorosa in questo Capitan America e poi c’è persino un amicizia, quella con Bucky, che muore troppo presto. Insomma c’è anche un po’ di cuore. Di più non si può pretendere.

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