lunedì, dicembre 21, 2009

BROTHERS

BROTHERS

La complessità dei legami familiari sullo sfondo della guerra Afghana e' il tema principale di un film che replica, semplificandola, la versione danese di un opera ('Non desiderare la donna d’altri' di Susan Blier) per molti versi legata a situazioni rintracciabili all’interno della scrittura religiosa.
A partire dalle sequenze iniziali, in cui la vicenda del 'figliol prodigo' è riproposta con i buoni propositi di Jack uscito di prigione ed intenzionato a ricominciare una nuova vita, il film procede portandosi dietro un senso di 'pietas' verso protagonisti coinvolti in una vicenda più grande di loro e poi ancora facendo procedere la storia come una parabola in cui le 'colpe' sono il viatico per il perdono finale.

Dopo un prologo introduttivo in cui la conoscenza delle dinamiche familiari ci permette di vedere i suoi membri riuniti attorno alla figura di un padre ingombrante e con i due fratelli uniti da un legame che va oltre la semplice parentela, il film sgretola quell’unione dividendosi tra l’asprezza del paesaggio afghano dove Sam (Tobey Maguire) guida la sua unità attraverso le insidie talebane, e le atmosfere sospese della cittadina americana in cui la presenza/assenza di chi è partito condiziona le scelte di chi è rimasto.
A differenza del suo predecessore Sheridan sceglie di seguire le due vicende in parallelo, eliminando i flash back e rafforzando con un montaggio alternato la vicinanza psicologica dei protagonisti.
E’questo il momento migliore del film, quello in cui il regista non si limita a sfruttare la bravura degli attori, ma lavorando sulle immagini riesce ad unire senza soluzione di continuità il deragliamento di Jack, catturato dai guerriglieri Talibani e costretto a commettere un azione indicibile, ed il lento ma progressivo ritorno alla vita del fratello (Tommy interpretato da Jake Gyllenhaal), diviso tra le responsabilità di chi deve meritarsi il privilegio di essere rimasto e l’attrazione verso la moglie del militare (Grace impersonata da una grande Natalie Portman).

Sheridan lavora di sottrazione privilegiando i non detti e lasciando che siano le atmosfere a conferire forza alle azioni dei protagonisti.
D’altro canto, forse perché 'il remake' ha la sua ragione di essere in un pubblico americano generalmente sessuofobo ed abituato ai lieto fine, Sheridan trasforma la relazione extraconiugale in un 'bacio rubato' e modifica un finale che pur nella sua drammaticità, lascia un pò di speranza dopo tanta sofferenza.

Ben recitato da un gruppo di attori in cerca di conferme, 'Brothers' dimostra ancora una volta l'inutilità del cinema clonato, se è vero che in presenza dell’originale anche un' opera come questa, sincera e ben realizzata, lascia una sensazione di superfluo difficilmente cancellabile.

1 commento:

veri paccheri ha detto...

Ben recitato da un gruppo di attori in cerca di conferme, 'Brothers' dimostra ancora una volta l'inutilità del cinema clonato, se è vero che in presenza dell’originale anche un' opera come questa, sincera e ben realizzata, lascia una sensazione di superfluo difficilmente cancellabile.

questa frase riassume egregiamente il senso del film. un clone di cui non si sentiva il bisogno e che sta al di sotto dell'originale, sostenuto da noti, consolidati ma pur sempre patinati attori.