venerdì, marzo 14, 2008

Factory girl

Ci sono film che non hanno storia ed altri che ne hanno troppa. Prendiamo Factory girl di George Hicknlooper , biopic su Eddie Sedwick, superstar della Factory di Andy Warhol, destinata a bruciare le tappe di un successo tanto eclatante quanto effimero e confrontiamolo con I'm not there, lungometraggio che ha conquistato il favore di molti cinebloggers. L'accostamento è d'uopo non solo per il periodo storico (dalla fine degli anni 60 alla metà dei 70) ed i collegamenti biografico/culturali (la presenza di Bob Dylan, la continua oscillazione tra diversità e conformismo) ma soprattutto per l'asimmetria delle strade percorse nello sviluppo della cinebiografia.
Se il film di Haynes appartiene di diritto al cinema indipendente, non solo per i natali dell'autore ma anche per gli indicatori del suo stile (rarefazione dell'intreccio narrativo, forte presenza della macchina da presa, contaminazione di linguaggi ed espressioni artistiche) capace di risalire al personaggio dalle suggestioni del suo repertorio artistico (e nello stesso tempo a riflettere sui limiti di questo tipo di operazioni), il nuovo arrivato sembra indeciso tra il cinema mainstream, ripreso nell'eccessiva e puritana semplificazione dell'impaginazione e quello off, svuotato delle sue capacità introspettive ed utilizzato per conferire alla vicenda un etichetta di veridicità (la fotografia sgranata e piatta riproduce l'immediatezza dello stile documentaristico). L'eccezionalità del personaggio e la fascinazione che produsse sul profeta dell'estetismo di massa (Warhol) rimangono fuori dallo schermo: quello che vediamo fa pensare ad un connubio artistico nato sulla base dello schema vittima (lei) e carnefice (lui) in cui i due sfogano i traumi di un infanzia anaffettiva. Un trasfert psicanalitico che normalizza la componente trasgressiva, presente come fatto di cronaca ma latitante sul piano delle emozioni. La barbie androgina che fu capace di ammaliare il menestrello del rock, è restituita dalla presenza impalpabile di Sienna Miller con un interpretazione totalmente agiografica.

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