martedì, dicembre 18, 2007

Paranoid Park

L'ultimo lavoro di Gus Van Sant, Paranoid Park, girato interamente a Portland con attori non professionisti, selezionati attraverso il sito Myspace.com, chiude la trilogia dedicata all'osservazione del mondo adolescenziale del regista statunitense, iniziata con Elephant e proseguita con Last Days. Il film mette in scena l'omonimo romanzo di Blake Nelson, che racconta la presa di coscienza di un adolescente di fronte all'accidentale omicidio di cui e' artefice. Alex ha sedici anni, frequenta il liceo, e' un bel ragazzo ed e' appassionato di skateboard; una sera, accidentalmente, uccide una guardia di sicurezza nei pressi di Paranoid Park, il parco piu' malfamanto della citta'. La morte dell'uomo è efferata, poichè caduro sotto le rotaie di un treno in transito rimane tranciato a meta'. La scena è certamente incisiva ma dai toni splatter al limite del grottesco. Si tratta di una fatalita', di una tragedia non voluta, che turba profondamente Alex e che lo chiude in un silenzio apatico. Tutto cio' che gli accadra', dopo quella sera, gli scivolera' addosso come acqua, mentre egli cerca una via d'uscita dalla spirale di senso di colpa ed angoscia che lo divora lentamente. Il film ha una struttuta spezzata e non lineare, sorretta da flashback e dalla voce fuori campo narrante del protagonista, espediente che cerca di unire le varie parti narrative. Lo spettatore si trova disorientato in questa costruzione, alimentando un certo disagio. Gli occhi di Alex sono gli occhi dello spettatore: tutto rimane sospeso in un limbo sofferto ed estraniante; i suoni si mescolano e spesso sostituscono le parole, alterando la percezione del presente, molti silenzi lasciano spazio alle immagini di lenti movimenti, sulle quali tanto ama soffermarsi il regista. Alex barcolla in uno stato onirico e turbato, il suo viso d'angelo ricorda le figure della pittura del Raffaello, angeliche, pulite, con lo sguardo non più sognante, ma teso alla ricerca muta di una via di fuga. Il racconto si dipana lentamente, mantenendo un tempo dilatato e colloso. Non coinvolge ne' emoziona questa parabola sulla accidentalita' degli eventi e le conseguenze delle prorie azioni, ma certamente e' apprezzabile per la perfezione tecnica con la quale e' stata girata e montata, per la bellezza dei giovani protagonisti, celebrati come icone di un presente contraddittorio e malato, dove il sogno americano ha perso la propria identita' ed i propri riferimenti. La narrazione assume toni sempre piu' cupi e mostra i giovani in tutta la loro indifferenza verso gli altri, in questa ennesima fotografia sugli Stati Uniti di oggi. I genitori sono sempre inquadrati di spalle, sfocati o in ombra, presenze ai margini dello schermo, della memoria, incapaci di aiutare o anche solo di ascoltare i bisogni dei propri figli. La solitudine avvolge questi corpi adolescenti acerbi e bellissimi, toccati dal male e corrotti nel profondo dalla disillusione.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido in pieno la tua opinione ma soprattutto ho apprezzato il linguaggio della tua esposizione,semplice, diretto, appassionante..una bella scoperta per il nostro blog,,,non per me che da sempre sono un tuo estimatore...però adesso stop ai complimenti..che certe volte mettono troppa pressione ed ansia da prestazione...mi auguro solamente che questa sia l'inizio di una intensa collaborazione..il Blog ne ha bisogno
Ciao

nickoftime ha detto...

Nell’immaginario americano gli Skaters rappresentano la versione aggiornata e decisamente più depressa di quei Surfers che erano entrati nel mito collettivo con l’indimenticabile film di John Milius "Un mercoledì da leoni".. Stacey Peralta ce li aveva fatti conoscere nel bel documentario, Paranoid Park li ripropone come sfondo (nel parco il giovane protagonista assiste e partecipa alle esibizione degli Skaters che li si riuniscono) di un esistenza adolescenziale irrimediabilmente segnata dall'evento luttuoso. Ancora uno spaccato sulla gioventù americana siglata da uno dei suoi massimi cantori , quel Gus Van Sant che sembra aver trovato la formula definitiva per un cinema fatto di neorealismo produttivo (impiego di attori non professionisti, realizzazione autarchica, lancio promozionale attraverso la vetrina festivaliera) e confezione Art movie (solusioni stilistiche sofisticate, regia demiurgica, predilezione per soggetti “difficili”). In realtà Paranoid park, nonostante la presenza di Cristopher Doyle, ex fotografo di Kar Wai e peyote vivente del cinema alternativo, a suo agio con gli sfasamenti temporali e le dinamiche corporee del mondo giovanile, appare un pretesto per riproporre, con poche novità (impianto narrativo più coerente, accentuazione della componente onirica ) la poetica di un adolescenza bruciata dall’assurdità del mondo e dall’ assenza di modelli di riferimento che non siano quelli dell’anarchismo familare e dell’incomunicabilità generazionale. Van Sant come al solito filma in libertà, costruendo intorno al suo personaggio, vero ed unico protagonista del film - quasi un archetipo dell’uomo rinascimentale per la capacità di restare sempre al centro e di fronte all’inquadratura - ,un patcwork di voci fuori campo e corpi fuori fuoco; spalle, nuche, figure a tre quarti o sguardi di infilata definiscono, in contrapposizione alla contemplazione principale, l’assenza emozionale che impregna lo spirito dell’opera. La sensazione però è quella di un cinema autoreferenziale che finisce per essere vittima di se stesso per la sua incapacità di andare oltre la forma, di non oltrepassare la cortina di apatia in cui si rifugiano i suoi personaggi. L’osservazione del mondo giovanile rimane acerba, non produce effetti ma neanche, ed è quello che è più grave, una parvenza di storia che ne giustifichi la messa in scena. Più che un approdo, una deriva

nickoftime

Edo ha detto...

Per me è uno dei film dell'anno (nella mia classifica è al terzo posto)...disorientamento temporale e percettivo negli occhi di Alex e in quello di noi spettatori e Boyle con la sua fotografia meravigliosa...

Anonimo ha detto...

Ciao Edo,
ho visto il tuo sito e l'impatto mi ha molto colpito...ci tornero sopra perchè ho visto un sacco di cose interessanti...ho tra le mani la tua opinione sul film la leggo e poi ti dico qualcosa...tra l'altro ho visto che al contrario di me hai amato i'm not here..
ci sentiamo presto